In questi giorni:
– Vado nella palude veneta in mezzo al nipotame e ai problemi familiari. Mi godo il nipotame, litigo coi problemi, sudo sette camicie, vado in bicicletta, vado in spiaggia (nota bene: non al mare, in spiaggia), mi porto da Roma un virus di vomito e correlati che trasmetto a tutta la famiglia. Ora sorella e nipotame si trovano in Sardegna, la prima vera vacanza da quando il nipotame esiste. Mi mandano giornalmente messaggi dello stato di avanzamento del vomito: il primo messaggio diceva così “il mare è bellissimo ma noi nuotiamo in un mare di vomito e diarrea. Grazie”.
– Arrivo nel rifugio toscano. Vado al mare (nota bene: al mare, non in spiaggia) e mi dibatto tra il senso di vuoto e il riposo, l’immobilità forzata e la bellezza dell’orizzonte, tra l’acqua e le montagne, mi dibatto tra il desiderio di mettere le radici, da qualche parte, ovunque ormai, e l’impulso irresistibile di partire nuovamente.
– Vado al fiume. Mi immergo in un’acqua gelida e pungente, che mi fa respirare e ridere. Gli alberi mi fanno ombra e cammino su sassi rotondi che mi massaggiano i piedi. Torno a casa e ho freddo. Indosso un giacchino leggero, mi sembra settembre e la cosa mi piace.
– Organizzo un viaggio di studio di un paio di settimane in una cittadina medievale tedesca. Non c’è un motivo valido per cui io vada in Germania e non in Irlanda, ma non importa. Attendo un’approvazione del mio professore che non arriverà.
-La nipotina dice che una sua amica, piccolissima, vive nella sua pancia. Si chiama Sadessa. sì, Sadessa.