Dichiarazione al sé

Mi piaci quando ridi di gusto. Mi piaci quello che scrivi, io non so scrivere bene come te. Mi piaci quando ti fai abbracciare e ti godi tutto il benessere. Mi piace che hai un aspetto spirituale che ti da equilibrio e armonia. Mi piace come ti vesti. Mi piace come ti esprimi con il corpo, che non hai vergogna a mostrarlo alla persona che ti vuole bene e che ti fa stare bene. Mi piaci quando sei stesa sul prato, con la faccia al sole, gli occhi chiusi e il sorriso sulle labbra. Mi piace che ti vengono mille idee e l’entusiasmo di realizzarle, che viaggi a vele spiegate e non hai paura di nulla. Mi piace che sei curiosa, entusiasta di tutto e di buon umore, e che anche quando piangi non sei disperata, solo triste. Mi piace il tuo amore per le piante, che ci parli e le curi, e la gioia che ti danno quando spunta un foglia o addirittura un fiore. Mi piace che te ne vai  a leggere alla pineta, e che ti godi quei momenti in solitudine, perché sono rilassanti e rigeneranti. Mi piace che ami viaggiare, so che lo desideri tantissimo, e sono sicura che questa volta ci riusciamo, faremo un viaggio tutto come dici tu.

Mi spiace che ti tengo in un angolino. Mi sei mancata tanto.

La codina svizzera

Il soggiorno germanico ha avuto una sua codina svizzera, giusto cinque giorni per poter dire che anch’io ho fatto vacanza (i soggiorni parentali non valgono come vera vacanza). I fatti rilevanti sono stati i seguenti:

– le due settimane germaniche sono state distensive, simbiotiche, patologiche in questo modo tutto nostro femminile di entrarci nella mente in forma complicatissima e non so fino a quanto salutare di contemporaneamente amica sorella figlia mamma. Salutarci è stato come sbalzare improvvisamente l’una fuori dal corpo dell’altra, un dolore e un sollievo insieme.

– l’Irlanda, la Sardegna d’inverno e ora la Svizzera mi fanno sospettare un’inaspettata tendenza bucolica: a quanto pare i luoghi verdi, mucca-forniti – con o senza campanaccio – e i paesaggi verticali – ondulati o appuntiti che siano – rilassano molto, procurano buon umore, appetiti vari, energia positiva a grande voglia di fare.

– Molte delle mie frasi in territorio franco-svizzero suonavano più o meno così: “quando stavo in Sud America”, “quando andavo a sciare”, “quando ho fatto il cammino di Santiago”, “quando abitavo da sola”, etc. la qual cosa ha provocato probabilmente odio diffuso e generale nei miei confronti, ma anche un raro senso di onnipotenza e megalomania da parte mia.

– ho rispolverato l’amato francese dopo anni e anni e anni di negligenza. Qualcuno mi ha detto che lo parlo quasi senza accento… cosa probabile visto che snocciolo una parola ogni quaranta secondi. Quando arrivo alla fine di una frase, la conversazione è già morta da un pezzo e la gente è già andata a dormire. Bisogna anche dire che alla boulangerie dopo aver sciorinato il mio francese per prendere una quiche, mi hanno detto: forse è meglio se parliamo inglese…

– in armonia con la tendenza di queste ultime settimane, anche la vita di cantone è stata contrassegnata da violenti scoppi d’ira, improvvisi e brevi come temporali di fine estate. Il meccanico dice di non preoccuparmi, è parte del processo. Io cerco di non preoccuparmi, anche se i ricettacoli di tali ire danno segni di cedimento.