pole position e sceneggiate napoletane con toni da operetta

Ieri sono andata in palestra. Ero triste. Gli occhi rossi e due profonde occhiaie e le labbra chiuse, tese. Il ballerino colombiano se n’è accorto e mi ha fatto un cenno mentre saltellavamo tutti quanti, tra una piroetta e un’altra, e il cenno più o meno significava: “tutto bene? noto con dispiacere che oggi non saltelli felice come una gazzella come fai di solito, ma ti vedo un po’ moscetta e quegli occhi rossi mi fanno pensare che tu oggi abbia avuto una giornata un po’ nera, o un po’ grigia e così mi sembri, un po’ grigia. Ma spero che la composizione saltellante di oggi ti aiuti a dimenticare le pene della giornata.” Ecco, così diceva il cenno che mi ha fatto durante una piroetta e un saltello. E un movimento di bacino, certo, che quello ci sta sempre bene.

Che poi questo cenno l’ho potuto notare perché, sapete, ho guadagnato la seconda fila. Sì. Ero partita dall’ultima, ho guadagnato la seconda. Quasi in pole position oramai. Qualche volta addirittura la prima. Lo sapete questo cosa vuol dire. Pensate alla formula uno. Capirete.

E poi alla fine mi ha chiesto il nome. Che io è più di un anno che vado in palestra da lui. Ma lo sapevo che lui il mio nome mica lo sapeva. Sono sempre così invisibile. Mi confondo dietro la famosa colonna. E ora che ho guadagnato la seconda fila, dopo più di un anno mi ha chiesto il mio nome. Che io gli ho detto: Bagnarole mi chiamo, anche se non gli ho detto proprio così, che non è proprio questo il mio nome. E lui alla fine mi ha detto “Brava. Ciao Ba’!. …. Gnarole.” Che non ha suonato proprio così, perché non è questo il mio nome, ma più o meno così, con la prima sillaba e poi dopo una pausa, anche la seconda, nel caso non avessi capito che era proprio me che salutava.

E comunque gli occhi rossi ce l’avevo sempre per questa storia di questo vestito che devo andare a vedere, ma non tanto per il vestito quanto per tutto ciò che il vestito implica, che una persona che si riconoscerà mi ha detto, Brava! ora comincia la vera passione, e con ciò intendeva la passione nel senso evangelico del termine, e dopo la giornata di ieri, io gli ho dato proprio ragione, che siccome è arrivata anche mia mamma dalla palude a cercare il vestito o meglio tutto ciò che il vestito implica, e si sono create come dire delle congiunture astrali piuttosto negative per me, con tutto un codino di strascichi melodrammatici, con punte da sceneggiata napoletana, che pare che questo tono da sceneggiata napoletana abbia in qualche modo scolpito le modalità comunicative della mia famiglia, anche se noi, poi, napoletani, non siamo proprio.

bianco

tramonto a via dei condotti

Ieri il professore mi ha mandato un mail, mi ha scritto, le è arrivato il pacchetto che le ho spedito? Sì, mi ha spedito un pacchetto con un racconto di Clive Sinclair autografato, credo. A me non è arrivato il pacchetto. La prima cosa che ho pensato è stata. Ecco gli ho dato l’indirizzo sbagliato. Che dico, potrebbe esserci stato uno dei soliti ritardi postali, o lui ha scritto male. E’ difficile che uno si sbagli a dare il proprio indirizzo di casa. Speriamo che arrivi.

Ieri dovevo andare in centro, in un negozio alle quattro. Dovevo andarci con una mia amica. Poi alla mia amica hanno messo il collegio docenti e non è venuta più. Potevo disdire l’appuntamento in negozio ma poi non l’ho fatto, ci sono andata da sola, come una ragazza moderna. Il negozio è in Via Dei Condotti e prende sei numeri civici. E’ la prima volta che entro dentro un negozio in Via Dei Condotti. Di fronte ci sta Cartier, e accanto ci sta Dior.Un mondo a parte, credo, dove una borsetta costa 980 euro.  Ha diluviato tutto il giorno, ma alle quattro c’era una bella luce rosata. Al negozio sono stata molto coccolata, fino alla fine quando ti dicono i prezzi. Quando sono uscita ero molto contenta, e mi sono fermata a guardare le vetrine dei ricchi. A quel punto il cielo era tutto rosa e rosso e le pozzanghere per terra brillavano di luce. Mi sono molto divertita e Roma a volte è bellissima. La prossima volta però al negozio voglio andarci con le mie amiche, che non credevo, ma ho anche delle amiche che mi accompagnano al negozio.

Comunque il vestito che sono andata a vedere era bianco.

Swing! stretto stretto tra blog sonnolenti e problemi esistenziali

Non entriamo nel ruolo da piagnisteo interiore perché questo blog non funziona molto ultimamente. La mia vita non dà più molti spunti di esilarante ironia da un po’ di tempo a questa parte? La mia vita è di una noia mortale? non riesco più a cogliere le piccole divertenti gioie della vita? Non mi vedo più come una bagnarole sgangherata e dunque questa finestra ha perso il suo motivo d’essere?

Prendi lo spettacolo di swing, ad esempio, che in altri momenti avrebbe potuto essere motivo di pagine e pagine di lamentele, auto-da-fé, proclami di inettitudine e lacrime di ansia di prestazione. Sarà forse che quello che ufficialmente chiamiamo spettacolo di swing non fosse altro che un umile, modestissimo saggio nel teatro…. beh diciamola tutta, nel teatrino di una scuola elementare, dove, prima di noi, si sono esibiti i bambini con i loro musical e i loro balletti di hip-hop, poi gli adolescenti, e poi, ecco, noi il gruppo degli adulti principianti! altro che Spettacolo! Sarà che il pubblico era perlopiù formato da genitori commossi, nonne raffreddate e papà con lo smartphone pronto per il filmino. Sarà che le luci puntate su di noi fanno sì che dal palco il pubblico non si vede proprio. Sarà pure che a vedere noi due, non è venuto nessuno ma proprio nessuno, e un po’ ti dispiace ma un po’ è anche più semplice, tanto, chi ci conosce a noi? ma insomma, in quel minuto e mezzo di Mack the Knife, io, mi sono sentita, una diva! E anche se abbiamo pure sbagliato e anche se dal filmino non è che abbiamo superato le aspettative da comuni principianti, io su quel palco, mi sono divertita, mi sono sentita una Star! Angosce da dottorato? zero. Angosce del parlare in pubblico? zero.

Questo mi rispedisce nel baratro dei motivi per cui sto in officina e vado ancora dal meccanico. Perché, vedi se dovessi fare una domanda a lezione, per dire, tutto il problema ritornerebbe. E allora, forse non è tanto il fatto di stare sul palco, per dire, il problema quello vero riguarda il prendere la parola, esprimere dei pensieri personali, dire o fare qualcosa che prima non c’era. E’ una questione di creatività.

E però, come mi sono divertita.